Il Tribunale di Roma: no al risarcimento del “danno parentale” di cognati & affini

Il Tribunale di Roma: no al risarcimento del “danno parentale” di cognati & affini
27 Agosto 2020: Il Tribunale di Roma: no al risarcimento del “danno parentale” di cognati & affini 27 Agosto 2020

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 16915/2019, pubblicata il 4.9.2019, ha deciso la causa promossa dalla cognata e due nipoti ex fratre di un motociclista che aveva persona la vita in un incidente stradale per ottenere la condanna del responsabile e del suo assicuratore al risarcimento del danno che asserivano d’aver subito.

A quanto è dato di ricostruire dalla motivazione della sentenza, l’”istruzione probatoria” esperita avrebbe dimostrato da un lato che la vittima e la cognata avrebbero avuto “da tempo intensi rapporti commerciali tra gestione di autolavaggio e pizzerie”, avendo altresì “abitato nello stesso stabile per numerosi anni”, e dall’altro che “i figli” di costei avrebbero “frequentato con intensità lo zio… durante la fanciullezza e l’adolescenza… nei pomeriggi post-scolastici e nella loro vita quotidiana”.

Per contro, il Giudicante osserva che “non chiarita” risultava “la posizione del marito” dell’attrice (e fratello della vittima), “la cui formale presenza porterebbe a lenire in modo apprezzabile la perdita del fratello-zio-cognato”, così come non risultava chiarito e provato quali conseguenze per gli attori avrebbe avuto pro futuro la sua perdita, e cioè, quanto agli aspetti economici e commerciali che interessavano la cognata, anche “sotto il profilo di consigli, esperienza, collaborazione significativa, non rilevante solo in termini economici ma anche in termini di sostegno morale ed intellettuale verso il bene della famiglia allargata”.

E per quelli concernenti i nipoti, diciottenne l’uno e ventenne l’altro e quindi “in una situazione esistenziale di naturale fuoriuscita dall’alveo familiare, sia pure allargato”, se effettivamente la predetta perdita avrebbe potuto in futuro costituire il venir meno di una “presenza dello zio… significativa” ai fini delle loro “concrete e specifiche esigenze.

Tenuto conto che i convenuti, al riguardo, avevano resistito alle pretese degli attori contestando che costoro, estranei alla “famiglia nucleare del de cuius”, non avevano allegato e provato di aver subito uno “sconvolgimento della vita” idoneo a sostanziare un pregiudizio non patrimoniale risarcibile, dalla motivazione della sentenza si evince che, secondo il Tribunale, la prova di un pregresso rapporto particolarmente intenso, per comunanza di interessi economici e frequentazione personale, fra la vittima e i suoi affini summenzionati, di per sé sola, non fosse sufficiente a dimostrare che la morte del cognato e zio avesse implicato la dimostrazione del venir meno, per il futuro, di un appoggio morale e materiale di tale importanza da determinare uno stravolgimento delle rispettive esistenze.

Se ne deduce che il Giudice capitolino abbia ritenuto che il “danno parentale” degli affini non sia di per sé stesso irrisarcibile, ma esiga una dimostrazione rigorosa dell’effettivo pregiudizio che costoro sarebbero destinati a subire nella loro futura esistenza a causa della perdita del congiunto.

Sulla base di queste premesse, e quindi, in sostanza, per insufficienza della prova offerta dagli attori, il Tribunale ne ha respinto le domande.

E’ degno di nota che la Suprema Corte, con una sentenza emessa solo venti giorni dopo quella in commento (n. 23632/2019, pubblicata il 24.9.2019), ha affermato, per la prima volta, un principio sostanzialmente analogo in una controversia di identico contenuto:

Va escluso il risarcimento del danno parentale allorché non siano allegate e provate circostanze idonee a ritenere che la morte del famigliare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale (nella specie, la Corte ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata dalla cognata e dai nipoti della vittima)”.

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